Ottobre 2019 – Alpi orientali, Val d’Ambiez.
Un gruppo di geologi risale la stretta valle che da San Lorenzo in Banale penetra nel nucleo centrale del massiccio montuoso delle Dolomiti di Brenta, nel settore orientale delle Alpi italiane; hanno destinato del loro tempo ad una lunga camminata, ricavando nella agenda degli impegni e delle loro diverse responsabilità professionali una data utile per organizzare un’escursione collettiva. La giornata è limpida, l’aria è secca e pulita, c’è la visibilità delle alte pressioni autunnali, il giorno promette bene.
Assieme al gruppo dei geologi salgo anche io e porto un carico decisamente pesante, nello zaino ho una decina di chili di materiale fotografico: la camera, obiettivi di varia lunghezza focale, il cavalletto, un drone e la serie di batterie per alimentare la macchina durante il volo, alcune capienti schede di memoria.
I camminatori conoscono profondamente questo territorio e la sua lunghissima evoluzione, hanno scritto a proposito del Gruppo di Brenta numerosi articoli redatti per le riviste scientifiche specializzate del settore, e hanno contribuito alla pubblicazione di parecchio materiale divulgativo. Nell’arco di molti anni, hanno percorso il massiccio in lungo e in largo, lo conoscono attraverso lo sguardo attento e rigoroso del metodo scientifico, ma lo hanno esplorato anche con profondo interesse e passione personale. Ne ricordano la toponomastica, la frastagliata morfologia, la storia geologica, persino le vicende della frequentazione umana, dalla preistoria fino alle conquiste dei primi mitici alpinisti.
La provenienza degli studiosi è diversificata: Silvana Martin insegna geologia strutturale all’Università di Padova, Alberto Carton è un esperto professore ordinario di geomorfologia presso lo stesso ateneo, chiarissimo divulgatore guidò il mio lavoro fotografico quando Cierre edizioni ci coinvolse nella produzione di una monumentale monografia sulla Marmolada. Mauro Zambotto e Alfio Viganò, anch’essi geologi, dirigono e lavorano per il servizio geologico della PAT (Provincia Autonoma di Trento). Vajolet Masè è il geologo del Parco Adamello Brenta. C’è anche Riccardo Tomasoni apprezzato geologo del MUSE (il Museo delle Scienze di Trento); sono felice di rivederlo: io e Riccardo siamo coautori di “Geological Landscape”, il libro stampato qualche anno fa in occasione della presentazione di un progetto pensato e prodotto interamente da noi, una mostra con gigantografie esposte nell’ambito del sessantesimo Trento Filmfestival della montagna.
Oltre alla professione che esercitano, i componenti del gruppo sono accomunati dall’evidente stima reciproca, una lunga frequentazione, le medesime letture tecniche (cosa che porta con sé un fecondo linguaggio collettivo) e la collegiale appartenenza alla Rete del Patrimonio Geologico della Fondazione Dolomiti UNESCO.
Il gruppo sta risalendo la vallata con un preciso intento: la Fondazione Dolomiti UNESCO ha intrapreso i lavori per la stampa di una serie di guide a tema geologico dal titolo collettivo di “Dolomites World Heritage Geotrail”. Le guide riguardano tutti i gruppi dolomitici, concatenando certi percorsi proposti in modo da unire idealmente tutto il bene seriale con un unico grande cammino. Oggi percorreremo un buon tratto della seconda tappa del nascente trekking geologico delle Dolomiti di Brenta.
La camminata inizia dal Rif. Cacciatore, il programma è raggiungere la testata della Val d’Ambiez, uscire da un alto valico a Sud-Est e proseguire poi il cammino fino al bordo della grande depressione di Pozza Tramontana. Il sopralluogo servirà per organizzare i lavori in vista della redazione dei testi e della predisposizione delle immagini, il prossimo anno (2020) tutto il gruppo lavorerà al libro-guida del Geotrail delle Dolomiti di Brenta. Si tratta di un cammino in sei tappe che richiedono una giornata ciascuna. Il Geotrail del Brenta attraversa tutto il gruppo montuoso da Sud a Nord. Chi accetta di seguire questa proposta percorrerà i sentieri entrando nell’area protetta dell’Ente Parco Adamello – Brenta, tutelata e promossa anche dalla Fondazione Dolomiti UNESCO.
Mentre saliamo discutiamo della lunghezza di ciascuna tappa, verifichiamo gli aspetti tecnici legati al tracciato (la sentieristica, la cartografia, il dislivello e la difficoltà del percorso). Gli autori considerano il contenuto che avranno testi e didascalie: lungo il percorso il camminatore, deve poter confrontare le immagini commentate e riprodotte sulla guida con i magnifici panorami che si osservano dalle cenge e dalle cime. L’intento condiviso è proporre una sfida alla (ri)scoperta di questo magnifico territorio, guidati dai penetranti e originali contributi interpretativi offerti dalla geologia.
La storia del Brenta testimoniata dai suoi minerali e ricostruita dal lavoro di generazioni di geologi è in effetti davvero sorprendente: quelle rocce, ora alte più di 3000 metri spazzate dai venti e consumate dai ghiacci, un tempo lontano furono il fango calcareo di un profondo fondale marino. Il processo straordinario e unico della dolomitizzazione lega la vicenda di questo massiccio agli altri gruppi montuosi carbonatici dell’area dolomitica, tutti posti più ad oriente e più vicini fra loro. La spettacolare rinascita orogenetica della catena montuosa e la conseguente erosione hanno portato quegli antichi fondali ad emergere dalle vallate e dagli altopiani che li circondano. Cosicché, vista su una mappa, la catena appare ora come la maestosa e antica chiglia di una gigantesca nave, orientata quasi esattamente in senso meridiano. Il Geotrail del Brenta concatena una serie di sentieri che percorrono in alta quota tutto il fianco orientale del massiccio.
Con me i geologi parlano soprattutto della scelta delle immagini, io sono qui per questo: le fotografie del volume saranno tutte inedite, ho a disposizione l’estate e l’autunno del 2020 per percorre questi sentieri e catturare le immagini occorrenti. Procedo prestando attenzione a registrare i suggerimenti per le inquadrature, riconoscere e identificare con chiarezza i soggetti che devono essere rappresentati, capire perché essi sono importanti agli occhi degli autori.
Condividiamo la necessità di pianificare a tavolino con attenzione i passaggi indispensabili di ogni tappa ed i soggetti fondamentali. Mentre penso alla relazione fra la selezione dei punti di scatto e la posizione del sole durante il suo moto apparente, benedico dentro di me la scelta fatta all’università di orientare una parte consistente dei miei studi verso le scienze della terra: il linguaggio acquisito negli studi di petrografia, geologia, geografia fisica e geomorfologia durante gli anni di formazione al corso di Scienze Naturali risulta davvero utile al mio ruolo in questa avvincente sfida professionale: fotografare il paesaggio, evidenziando gli elementi salienti della straordinaria geologia delle Dolomiti di Brenta.
Il progetto è ambizioso si tratta di mettere gli autori nella condizione di proporre allo sguardo dei lettori simultaneamente la bellezza paesaggistica e la percezione dei fenomeni e dei processi geologici che nel tempo profondo hanno formato il paesaggio dolomitico, è un compito impegnativo e affascinante.
Lasciamo un suggestivo deposito con grandi conchiglie fossili di Megalodon che sembrano spuntare dalla roccia, attraversiamo una vasta superficie carsificata, quindi il nostro sentiero incrocia e sorpassa un colossale elemento tettonico: il grande sovrascorrimento della Tosa, poi la traccia svolta in direzione Est per risalire verso la Forcolotta di Noghera. Quando superiamo il valico ci investe, provenendo da settentrione, il vento di ottobre, così cerchiamo un poco di riparo in una delle numerose depressioni carsiche oltre il passo: è il momento di una pausa, ci sistemiamo apriamo gli zaini per prendere il cibo di un breve pasto da consumare assieme. Il discorso condiviso riparte:
“[…] è chiaro che la strada maestra per valorizzare il bene seriale passa attraverso la contaminazione fra il rigore della conoscenza scientifica e lo stupore della bellezza paesaggistica delle Dolomiti; il nostro obiettivo è proporre una sinergia fra questi due modi di apprezzare le nostre montagne […] si tratta di far convergere in un unico media due linguaggi complementari, fare in modo che l’uno si arricchisca dell’altro in un rapporto fecondo da cui entrambe traggono beneficio…”
Nel confronto le idee si definiscono e convergono fra loro, me le appunto a memoria. Nel frattempo realizzo che anche per questo lavoro sarà fondamentale la presenza e l’apporto creativo di Marco Stucchi, mio collega ed amico. Marco ha una pluriennale esperienza nell’ambito della comunicazione digitale e multimediale, le nostre vicende professionali si sono incrociate molti anni fa e nel tempo abbiamo consolidato una proficua amicizia e collaborazione, proprio in Dolomiti di Brenta lo scorso anno abbiamo fotografato e documentato sia da terra che dal cielo alcuni preziosi ambienti che sono oggetto di studio e tutela per i loro rari endemismi vegetali. Le immagini che abbiamo prodotto sono consultabili in una prestigiosa esposizione interattiva inaugurata al Museo Civico di Rovereto lo scorso anno in occasione delle pubblicazione dell’Atlante della flora Trentina. La comunicazione interattiva, spettacolare ma sempre attenta ai dati scientifici è il nostro ambito specifico, anche in questa nuova avventura so di poter contare su di lui, insieme sapremo arricchire e aumentare di elementi interpretativi le immagini più significative del progetto.
“[…] è proprio ingannevole pensare che autorevolezza e razionalità del metodo scientifico possano indurre a guardare con maggior distacco alla bellezza dei monti pallidi; al contrario invece la percezione dei grandi fenomeni geologici, del tempo profondo in cui si dispiega la maestosa storia che le Dolomiti mirabilmente ricapitolano, accende il desiderio di riguardare, di approfondire, percorrere e godere pienamente questo territorio…”
Ora il nostro sentiero aggira Cima Ceda arriviamo così ad un promontorio pianeggiante rivolto verso il nucleo centrale del Brenta; ai nostri piedi si apre, come un gigantesco anfiteatro, la profonda depressione carsica di Pozza Tramontana, dall’altro lato del gigantesco baratro lo sguardo può ammirare in successione alcune fra le più alte e splendide cime del Brenta: Cima Tosa (3136), Cima Margherita (2840), Cima Brenta Alta (2964). Rimaniamo per un poco in silenzio davanti a questa vastità, poi ricominciano le osservazioni, le considerazioni e le loro reciproche conferme d’intesa:
“[…] Di là, alla base del versante del Monte Daino, passa la faglia di Pozza Tramontana che mette a contatto la chiara Dolomia Principale con quegli strati fittamente ripiegati che devono essere il più recente Calcare di Zu. Poco più sopra si nota bene anche la faglia del Croz del Rifugio che separa a sua volta il Calcare di Zu da quello più compatto della Formazione di Monte Zugna…”
Maggio 2020
Il gruppo di lavoro definisce in modo conclusivo i percorsi di Dolomites World Heritage Geotrail I, gli autori hanno preparato il piano editoriale dell’opera. La Fondazione Dolomiti UNESCO affida a Matteo Visintainer e Marco Stucchi la fotografia, il lavoro grafico sulle immagini e la comunicazione multimediale. Il responsabile che coadiuva il procedimento editoriale per conto della Fondazione è Luigi Patuzzi, il nostro incarico prevede la consegna entro fine autunno di almeno 200 fotografie naturalistiche e una serie di ben 20 immagini sferiche ad alta risoluzione con punti di ripresa da terra e anche dall’alto, in volo.
Su una selezione di queste immagini il dott. geologo Alfio Viganò disegnerà direttamente in formato digitale un layer con gli elementi di interpretazione geologica. Una serie di riunioni on line completano la fase di programmazione: i geologi puntualizzano il dettagli e descrivono le loro richieste: si pianificano i punti di scatto, nasce un elenco di località con relative descrizioni tecniche: superfici di strato, piani di faglia, giaciture, morfologie glaciali, fenomeni carsici, aree fossilifere, geositi, guglie e cenge… . Nel frattempo si avviano le pratiche burocratiche necessarie per il sorvolo nell’area protetta, l’ente parco è coinvolto nel progetto e concede il necessario via libera per i sorvoli a scopo scientifico.
L’incognita più grande, come sempre nei lavori in montagna, è il fattore tempo meteorologico. Occorre mettere in conto dei giorni piovosi o con forti venti in quota, in cui non sarà possibile lavorare. Per farsi trovare sempre pronti quando le condizioni saranno favorevoli ed essere pronti nell’avvicinamento alle cime decidiamo di affittare per qualche tempo una casa a Spormaggiore. Il paese è equidistante rispetto alla partenza e all’arrivo del trekking: fa il caso nostro, a partire da giugno si torna nelle terre alte.
Giugno / luglio e settembre 2020
“[…] – Però quest’anno le normative per il pernotto nei rifugi ci impongono la prenotazione. C’è posto solo nella camera bassa, si dovrà adattare… – sono al telefono con N.F. gestore del Rif. Pedrotti – Tosa, il rifugio è molto grande, ma che quest’anno deve fare i conti con la riduzione dei coperti imposta per ragioni sanitarie – “[…] la stanza è quella di sotto, con l’ingresso separato? Perfetto, capisco bene, no, non ti preoccupare ci ho già dormito, sono un AMM del Collegio Guide di Trento” – “ah bon, alora dai, vei su” […] “Siamo in due ci fermiamo una notte, ma devo chiederti una cortesia, nella serata avrò bisogno di ricaricare certe pile, ci vorrà un po’ di tempo sono le batterie di un drone, siamo lavorando ad un progetto della Fondazione Dolomiti” – “Non c’è problema, a questi progetti crediamo anche noi, però tieni conto che c’è tensione fino alle 22.00, ‘che poi spengo il gruppo elettrogeno…”
Ecco la parte più entusiasmante del nostro lavoro, che mantiene sempre viva la passione per quello che facciamo: uscire prima dell’alba carichi dello zaino e dell’attesa della luce, con la percezione che la giornata è limpida e l’aria tersa, rientrare la sera con gli occhi ancora pieni di spazi aperti e di cielo, e dentro la scheda le immagini cercate, quelle programmate a tavolino e quelle invece sorprese nell’azione. Sono “solo” fotografie digitali, ma conservano una sottile traccia della vastità sublime di questi luoghi, e degli elementi che testimoniano, come in un racconto avvincente, la loro lunghissima storia.
Talvolta in quota arriva la nebbia oppure il vento porta la pioggia, perciò occorre aspettare il cambio delle condizioni meteorologiche. Così, una volta all’asciutto, c’è il tempo dell’attesa, che si può dedicare alla lettura. Nei miei ricordi il lavoro per il progetto “Dolomites World Heritage Geotrail” sarà sempre legato al libro “Montagne della mente – storia di una passione” di Robert Macfarlane; alcune intuizioni sembrano scritte apposta per una estate di lavoro in Dolomiti:
“[…] Soprattutto la geologia mina la nostra percezione del tempo. L’esperienza di ciò che John McPhee ha chiamato con bella intuizione “tempo profondo” annienta l’istante umano, lo riduce a nulla […] ma c’è qualcosa di stranamente gratificante nell’esperienza del passato profondo. E’ vero siamo costretti a riconoscere di essere meno che nulla nei vasti progetti dell’universo, ma a questa consapevolezza si accompagna l’emozionante constatazione di esistere. Si, per quanto improbabile possa apparire, noi esistiamo.”
Fine settembre 2020
Nel corso dell’estate abbiamo scattato migliaia di fotografie a mano a mano selezionate, sviluppate e condivise con gli autori. Marco Stucchi su indicazioni di Alfio Viganò ha tratto da alcune immagini panoramiche una serie di intuitive interpretazioni geologiche del paesaggio, che corredano il testo della guida in maniera davvero inedita e molto efficace.
L’opera di preparazione del percorso interattivo multimediale è ultimata, abbiamo caricato i files delle fotografie immersive sui server della Fondazione Dolomiti UNESCO tutto è pronto per essere messo online a disposizione di tutti, non appena uscirà anche la versione fisica della guida.
Dicembre 2020
Il lungo lavoro di revisione dei testi è stato ultimato, l’editore ha ricevuto le fotografie e il grafico della casa editrice ha impaginato il volume. Siamo in attesa delle bozze della guida, per le ultime correzioni prima della stampa.
La pubblicazione uscirà in tre lingue ed i revisori della versione in inglese e in tedesco sono già all’opera. In una delle ultime riunioni del gruppo di lavoro i geologi ci hanno comunicato l’intenzione di inserire i nostri nomi fra gli autori: è una grande soddisfazione, che ricompensa il nostro impegno in questo lavoro e ci fa molto piacere. Non vedo l’ora di avere la mia copia della guida fra le mani, sento già adesso che appena possibile la infilerò in qualche tasca dello zaino: si ritorna nelle terre alte.