"[...] in montagna diventava felice, di una felicità silenziosa e contagiosa, come una luce che si accenda. Suscitava in me una comunione nuova con la terra e il cielo, in cui confluivano il mio bisogno di libertà, la pienezza delle forze, e la fame di capire le cose che mi avevano spinto alla chimica. Uscivamo all’aurora, strofinandoci gli occhi, dalla portina del bivacco Martinotti, ed ecco tutto intorno, appena toccate dal sole, le montagne candide e brune, nuove come create nella notte appena svanita, e insieme innumerabilmente antiche. Erano un’isola, un altrove."
"Ferro" da Il Sistema periodico - Primo Levi
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Dosso di Costalta
Il Dosso di Costalta è una piatta altura da cui si gode la vista di gran parte della Valle dei Mocheni. Ci torno sempre volentieri, stavolta l’occasione è una bella nevicata. E’ stata una precipitazione accompagnata da neve piuttosto pesante spinta da un forte vento, in quota mi aspetto di trovare gli alberi carichi di neve. Mentre salgo le nubi si diradano e il tempo sembra volgere al bello, sono fortunato: la luce non può che migliorare.
Ho dei ricordi legati a questi luoghi; negli anni ’70 la Provincia di Trento era impegnata ad ultimare la realizzazione della sua rete stradale, adesso è facile e quasi scontato raggiungere in auto ed in breve tempo anche le vallate più periferiche del Trentino, perciò è strano pensare che fino al ’77 gran parte della Valle dei Mocheni, così prossima al capoluogo, era ancora priva di una strada di collegamento verso l’esterno. In quegli anni mio padre lavorava con una ditta di costruzioni stradali e stava realizzando la S.P. 135 che percorre la sinistra orografica del Fersina e collega i paesi e i masi mocheni con Pergine e la Valsugana. Per l’estate prese in affitto una camera con cucina e la nostra famiglia si trasferì là per potergli stare vicino. Frassilongo o Palù del Fersina sono a poco più di mezz’ora di strada dalla mia città, ma ai miei occhi (avevo solo 6 anni) parve, ma forse effettivamente era così, di entrare in un “altro Trentino”: un mondo in cui sopravvivevano ritmi e opere di un tempo passato. Alloggiavamo al Maso Slompi, presto diventammo amici dei proprietari della casa: il capofamiglia A.S. aveva anche una stalla interamente in legno con il classico tetto di scandole, vi teneva le sue mucche, il cane (che mi sembrava enorme) e ovviamente, il maiale. Spesso mi era concesso seguire il padrone di casa o sua moglie in alcune delle loro attività quotidiane e così partecipai alla fienagione, imparai a mungere, vidi sbattere la panna nella zangola (>>) e assaggiai il burro appena fatto; talvolta le anziane donne mochene tornavano dal bosco indossando il tipico fazzoletto sul capo e portando un cesto pieno di mirtilli . Ricordo abbastanza bene una domenica in cui andammo sulla cima del Dosso di Costalta. La vecchia croce di legno che allora segnalava il punto più alto è stata sostituita con da una enorme di metallo, stanotte il vento vi ha appiccicato la neve trasformandola in grossi cristalli di ghiaccio. Verso sera il cielo si copre nuovamente di nubi sottili che scivolano sulla valle dei Mocheni provenendo da Est, scendiamo senza fretta, quando il sole raggiunge l’orizzonte le nevi del Fravort del Gronlait e del Sasso Rosso si colorano di una incredibile luce rosata.Tutte le immagini e i loro diritti sono riservati - Matteo Visintainer